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Le coperture di cicatrici o vecchi tattoo sono la cosa più difficile ed al contempo più stimolante per un tatuatore degno di questo nome!

INTRODUZIONE

Sin dalla notte dei tempi, nel corso della storia, l’essere umano ha “marchiato” deliberatamente la propria pelle in modo permanente, per un’infinità di motivi. Citeremo fra tanti, solo i più frequenti: riti di passaggio, protezione contro i demoni, stentazione di status sociale o di condizione economica, terapia medica, beatificazione, ricordo e persino garanzia per accedere all’Aldilà dopo la morte. Comune denominatore che sottende tutte queste esperienze è il concetto di base secondo il quale il tatuaggio è latore di un messaggio. Alcune volte ha una valenza di ordine generale come, per esempio, i tatuaggi eseguiti per bellezza e richiamo sessuale; altre volte, invece, il suo significato è specifico, come nel caso del simbolo del lignaggio familiare. In tutti i casi, comunque, i tatuaggi sono delle libere forme di espressione. L’idea che il tatuaggio sia in grado di esprimere e manifestare concetti differenti e possa, pertanto, essere considerato un vero e proprio mezzo di comunicazione non è certo nuova. Questo, anzi, è un aspetto che tutti amano sottolineare: scrittori, osservatori, tatuatori e , ovviamente, i tatuati. Il simbolismo che si esprime attraverso l’arte del tatuaggio, spesso non è un’espressione diretta, quanto piuttosto un appello, un richiamo al subconscio e all’intuizione. 

BREVE STORIA DELL’ARTE DEL TATUAGGIO

Sfortunatamente non abbiamo nozione di quale sia l’esatta origine del tatuaggio, poiché le testimonianze storiche e archeologiche relative alla maggior parte delle forme di arte corporale sono fortemente incomplete. Considerato che, la tecnica del tatuaggio, anticamente, era comunque relativamente semplice e diffusa praticamente in tutti i continenti, è plausibile immaginare che questa arte si sia sviluppata indipendentemente e spontaneamente in molti luoghi differenti, sin da tempo immemorabile. Alcuni reperti venuti alla luce in siti archeologici europei risalenti all’Era del Paleolitico superiore (dal 38.000 al 10.000 a.C.) sono stati interpretati come strumenti per punture e ciotole destinate a contenere pigmenti colorati. Le prime prove, concrete e inconfutabili, dell’esistenza del tatuaggio ci vengono dalle mummie rintracciate in varie parti del mondo, dalla Nubia al Perù. Forse per noi tutti, la più famosa è Otzi, mummia di un uomo dell’Età del Bronzo ritrovato sulle nostre Alpi tra i ghiacci. Databile attorno al 3300 a.C., sulla sua pelle si possono distintamente notare dei tatuaggi bluastri, sparsi in varie parti del corpo: gruppi di linee parallele nella regione lombare e sulla caviglia, oltre a una croce nella parte interna del ginocchio. Si ipotizza che potessero servire come riconoscimento etnico e tribale, o in alternativa, come forma terapeutica contro i malanni effettivamente riscontratigli osservando lo stato delle ossa. Risale invece al 2200 a.C. la mummia di una donna egizia, Amunet, sacerdotessa della dea Hathor nel tempio di Tebe, che presenta tatuaggi formati da linee composte da puntini. Le loro posizioni rivelano evidenti richiami di ordine sessuale, a detta degli studiosi. Le mummie tatuate più spettacolari giungono però dai ghiacci della Siberia, da una cultura nota con il nome di Pazyryk, un popolo nomade di cavalieri, cacciatori e guerrieri, vissuto nelle lande desolate della steppa fra il VI e il II secolo a.C. L’esempio più importante è la mummia di un uomo, su cui compaiono, chiarissimi, tatuaggi raffiguranti animali fantastici e non, fra cui, arieti, un cervo e un pesce.  

I tatuaggi presso le varie popolazioni avevano significati e motivazioni diverse, ma avevano in comune in fatto di essere “messaggi sociali”: chi si tatuava, si incideva dei segni  sul corpo che dovevano comunicare un “messaggio” a chi li vedeva. Il tatuaggio poteva comunicare che chi lo portava era un re, un nobile, un valoroso guerriero, oppure uno schiavo o un delinquente, o che apparteneva a una setta religiosa, a un esercito, a un gruppo politico, a un movimento culturale... Il tatuaggio poi,  a parte quello punitivo imposto ai delinquenti e agli schiavi, è sempre stato considerato un modo per abbellire il corpo, per diventare più belli. Nelle società tribali erano i re ed i nobili a tatuarsi o comunque i ricchi,coloro che potevano permetterselo; i tatuatori erano trattati con grande rispetto e ricompensati lautamente per la loro opera. 

Gli Egizi, durante le cerimonie funebri, si tatuavano in segno di lutto gli emblemi di Iside e Osiride ed è probabile che gli Ebrei abbiano ereditato da loro tale usanza quando occuparono la valle del Nilo nel 1750 a.C.   

Nella Bibbia c’è un preciso divieto di perseguire tradizioni  considerate pagane: “Non farete delle incisioni sulla vostra carne a causa d’un morto; e non farete figure e segni sopra di voi”....“Non avrai altri Dèi innanzi a me. Tu non farai scultura ne rappresentazione alcuna che è lassù in cielo o quaggiù in terra o nelle acque  o sotto terra. E non adorerai tali cose, ne ad esse porterai culto”. Nella Profezia di Isaia è scritto invece: “Questi dirà: Del Signore sono io; e quegli dirà il nome di Giacobbe; e l’altro scriverà sulla sua mano: sono del Signore; e avrà nome simile a Israele”.  

Nella mitologia Greca, Paride dopo aver rapito Elena, approdò al promontorio di Canossa dove, per sfuggire alla vendetta di Menelao, si fece tatuare nel tempio di Ercole dei segni che lo rendessero invulnerabile. Erodoto (storico greco 484-426a.C.) racconta che i Traci:“ tengono per cosa nobile avere la pelle con note e segni sfregiata e non averla così per ignominia” e aggiunge: “I Traci tengono con gelosa cura le donne e le acquistano a caro prezzo dai loro parenti: una pelle segnata di tatuaggi rivela una nobile origine, chi non è tatuato è di oscuri natali”. 

A  Roma  i Legionari si tatuavano sul braccio il nome del loro generale o dell’imperatore e la data del loro ingaggio; venivano invece marcati per infamia i disertori, i prigionieri e gli schiavi. Infatti la parola latina che indicava un tatuaggio era “stigma”. 

I Celti adoravano molte divinità tra cui anche animali come il toro, il cinghiale, il gatto, gli uccelli e i pesci e in segno di devozione se ne tracciavano i simboli sulla pelle.  Sembra siano stati proprio i Celti a diffondere il tatuaggio in Spagna, Inghilterra, Gallia e Italia: presso di loro  era un simbolo nobiliare come in Inghilterra e Scozia, dove re e nobili si incidevano sul petto o sul braccio lo stemma della loro casata per poter essere riconosciuti in caso di morte in battaglia.  

I Britanni, il cui nome deriva da “brith”( dipingere) “non portavano altre vesti che dei mantelli fatti con pelli di bestie selvagge e si facevano sul corpo incisioni di varie forme e figure che riempite poscia  con un succo di colore scuro, davano loro una tinta che non si cancellava mai,  e in questo facevano consistere il principale loro ornamento”(Erodiano). Secondo Cesare “ tutti i Britanni si tingono di guado che lascia un colore ceruleo onde essere nelle pugne di aspetto più orrendo”.  

Anche i Pictones che abitavano la zona del Poitou in Francia devono il loro nome all’uso di decorare i loro corpi.  Secondo  Scribonius Hangus, Petronio, Luciano e Plinio, i Daci ed i Sermoneti del loro tempo si decoravano la fronte il corpo e le mani con diverse figure; Plinio racconta che gli Hipporei si coloravano le gambe di rosso; Tacito descrive l’abitudine degli Ariani di scurirsi la pelle con pigmenti neri per avere un aspetto più feroce e Luciano scrive: “ Tutti si divertono a farsi delle punture alle mani, al collo ed ecco perchè tutti gli Assiri portano le stimmate”.

Il tatuaggio a volte proibito , altre ordinato dalle Sacre Scritture  è stato comunque  praticato dai credenti  per secoli fino ad oggi. Tra i primi cristiani era molto diffusa l’usanza di tatuarsi un tau , la figura della croce di Cristo, sulla fronte. Da Ezechiele: “Il Signore gli disse: Va per mezzo alla città, per mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che gemono e sono afflitti per tutte le abbominazioni che si fanno in mezzo ad essa”. “Uccidete fin allo sterminio il vecchio, il giovine, la vergine, il pargoletto e la donna; non uccidete però alcuno che veggiate aver sopra di sé il thau e date principio al mio santuario”. Nel 325 d.C. Costantino proibì invece le incisioni sul volto perché:"deturpava ciò che era stato fatto nell'immagine di Dio".  
I Crociati e i Cristiani in visita al Santo Sepolcro di Gerusalemme, temendo di essere assaliti e derubati di tutti i loro averi, compresi gli oggetti sacri, dai Turchi, si tatuavano simboli religiosi per garantirsi una sepoltura in terra consacrata, sepoltura vietata a chi morendo per infortunio o di morte violenta  non portava su di sé un segno religioso ( pare che anche Riccardo Cuor di Leone sia tornato dalla Terra Santa con un piccolo tatuaggio). Thévenot, un viaggiatore francese in Palestina scrisse: “...occupai tutta la giornata del 27 aprile 1658 a farmi marcare le braccia come fanno ordinariamente i  pellegrini...”. L’uso di tatuaggi sacri nei pellegrinaggi era in voga fino a pochi decenni fa non solo a Gerusalemme, ma anche nel Santuario di Loreto  e ancora oggi essi sono molto diffusi tra i Copti dell’Europa orientale.  

S.Antonio aveva un tau tatuato sul petto e gli stessi tatuaggi religiosi lauretani - molto spesso fatti sulle mani - pare abbiano avuto origine dalle stimmate di

S.Francesco  che, secondo alcuni, non erano altro che tatuaggi fatti al santo dai frati durante uno dei suoi profondi sonni catalettici. 

La pratica del tatuaggio in Europa scomparve quasi completamente quando nel 787  Papa Adriano I la vietò con una bolla papale, ciò non impedì che i pellegrini continuassero a tatuarsi nei Santuari ma si trattava di fenomeni rari e marginali. Fu solo molti secoli dopo, in seguito alle esplorazioni dei grandi navigatori, che il tatuaggio riapparve in Europa.

Per quanto riguarda il mondo islamico, anche il Corano ( cap. IV ) condanna il costume di uomini e donne di imprimersi  segni sul viso e sul corpo 

Se abbandoniamo l’antico passato per arrivare a tempi più recenti, la storia dell’arte del tatuaggio si fa, naturalmente, più nitida. Stando ai più accreditati dizionari, il 1777 sarebbe stato l’anno in cui la parola “tattoo” entrò nell’uso comune della lingua inglese. Il termine, stava a significare letteralmente “ immagine inchiostrata screziata sulla pelle”. Dal diario di viaggio del capitano James Cook, sappiamo che nel corso della spedizione nel Pacifico del Sud, avvenuta nel 1769, già si sapeva dell’esistenza di una parola tahitiana che suonava come “tatau”, che significa “marchiare, segnare”. La maggior parte delle popolazioni delle isole del Pacifico del Sud praticavano l’arte del tatuaggio, raggiungendo un’altissima perfezione.

Dalle più recenti acquisizioni e scoperte archeologiche e antropologiche emerge che gli abitanti del Pacifico del Sud giunsero dal Sudest Asiatico già 30.000 anni fa, portandosi appresso tra le altre cose, la tecnologia, la ritualistica e i contenuti simbolici inerenti all’arte del tatuaggio. Ovviamente la scoperta dell’ arte del tatuaggio Polinesiano ha cambiato per sempre la nostra concezione occidentale di tale pratica.  
 

E' nato così il tatuaggio moderno occidentale: i marinai si facevano tatuare durante i loro viaggi in oriente, imparavano le tecniche cominciavano a tatuarsi tra di loro e nel giro di pochi anni in tutti i grandi porti europei e americani  si poteva trovare un tattoo shop. Sull’esempio degli inglesi molti  aristocratici e reali di tutta Europa furono presi dalla passione per il tatuaggio e  alcuni andarono fino in Giappone pur di avere sul corpo l’opera di un  grande maestro. Contemporaneamente i circhi e le fiere del mondo occidentale diffondevano il tatuaggio nelle città e nei paesi lontani dalle coste, esibendo assieme alla "donna barbuta e all’uomo cannone", uomini e donne dal corpo coperto di tatuaggi. Prima  erano indigeni riportati dalle colonie, poi marinai che affascinavano il pubblico raccontando rocambolesche avventure durante le quali erano stati catturati e costretti a tatuarsi su una qualche isola sperduta del Pacifico , infine americani o europei  che si decoravano tutto il corpo con disegni sempre più elaborati, si contendevano il titolo di “più tatuato del mondo” e tatuavano a loro volta persone tra il pubblico.

Possiamo quindi confermare, senza ombra di dubbio, che il tatuaggio è stato diffuso (o per meglio dire, ridiffuso) in occidente dai circhi e dai marinai, adottato dal popolo e dall’aristocrazia, ha avuto momenti di maggior espansione durante le guerre e altri di minor interesse quando queste finivano. Il tatuaggio moderno occidentale, al contrario di quello primitivo che era spesso parte di riti iniziatici o religiosi tribali, è un atto individuale e ha un valore prevalentemente estetico, i soggetti fino a una ventina di anni fa erano più o meno uguali nei tattoo studio’s di tutto il mondo, rielaborazioni dei temi “classici”.  Negli ultimi trenta anni si è assistito ad una diffusione e a una sempre maggior interesse per il tatuaggio in tutto il mondo occidentale e non solo, accanto ai disegni della tradizione classica marinaresca sono comparsi tanti nuovi soggetti, legati allo stile personale dei diversi tatuatori, a un rinnovato interesse per i tatuaggi primitivi e tribali, o alle richieste dei clienti che sempre più scelgono "il loro" disegno o simbolo da farsi tatuare. Uomini antichi e moderni, quindi, hanno usato ed usano tatuaggi per un’infinità di motivazioni e scopi. E’ indubbio che in questo nostro tempo, l’arte del tatuaggio, sta riguadagnando molto del terreno perduto e gode di una vera e propria rinascita. Questo però, ancor di più, deve farci riflettere sul fatto che tutto ciò deriva da un’antichissima tradizione, le cui ancestrali origini si sono ormai perdute nelle nebbie del tempo, ma i cui effetti e le cui influenze tuttora continuano e permangono; e personalmente mi assumo la responsabilità di dirvi, senza timore di venir mai smentito, che finché l’Uomo sarà fornito di pelle…esisteranno anche i tatuaggi. 
 

IL PIERCING

Con piercing si intende una perforazione della pelle e dei tessuti sottostanti per creare una piccola "galleria" nella carne. Generalmente viene praticato nei lobi delle orecchie, nelle narici, nel setto nasale, nelle labbra, nell'arco sopraccigliare, nei capezzoli o nei genitali. Finché il foro di un piercing non viene allargato e dilatato per mezzo di un peso o altro, esso è da considerarsi una modificazione temporanea in quanto, nel momento in cui viene a mancare l'inserzione di un oggetto, i tessuti tendono a richiudersi. Un sufficiente allargamento del piercing è ottenibile inserendo nel foro in questione degli oggetti quali anelli in metallo, tubi, bastoncini e pesi che trasformano il piercing normale in piercing permanente. Il tipo di piercing cui segue l'inserzione di uno o più anelli di metallo viene anche chiamato ringing.

BREVE STORIA DEL PIERCING

L'arte si sa è nata con l'uomo e una prima forma è stata appunto quella dell'abbellimento del corpo. A confermare questo e a confermare l'antichità della pratica del piercing vi è il ritrovamento di alcuni utensili di epoca preistorica, usati allo scopo di decorare la pelle. La pratica del piercing e del tatuaggio, insieme alla scarificazione e alla pittura ornamentale, è da intendersi dunque come un'arte antica, nata per soddisfare un impulso umano con connotazioni non solo individualistiche, ma anche con risvolti sociali. Lo scopo principale del piercing, come dei tatuaggi e delle scarnificazioni, delle pitture corporali e delle decorazioni temporanee, è quello di distinguere i ruoli che ogni membro assumeva all'interno della tribù. Tutto ciò regola i rapporti tra i vari individui sia nel quotidiano che durante le cerimonie, rendendo immediatamente palese, al solo sguardo, tutta una serie di informazioni sull' individuo, in rapporto al gruppo. Infatti si potevano distinguere a colpo d'occhio non solo i più anziani dai più giovani ma anche chi era il capo o chi aveva ruoli più importanti. Tutti gli uomini, anche nelle culture più antiche o primitive, hanno sempre cercato di abbellire il proprio corpo per raggiungere degli ideali di bellezza, oppure per motivi psicologici, sociali o religiosi. I primi ornamenti sono state le collane, fatte di fibre vegetali nelle quali venivano infilati artigli di animali feroci. Le portavano gli uomini, per dimostrare la propria capacità di cacciatori e dunque il loro valore, oppure erano simboli religiosi e di potere. Nel 4-5 mila a.C., anche le donne cominciarono ad indossare degli ornamenti, come ad esempio nella popolazione dei Sumeri, ma solo quelle delle classi più elevate. Nell'Egitto dei faraoni, ad esempio, era riservato alle persone di rango reale ed era invece proibito alle persone comuni; nell'antica Roma, era un segno distintivo del coraggio: i soldati erano soliti applicarsi anelli ai capezzoli per dimostrare il proprio valore. Nella storia dell’uomo tuttavia, c’è sempre stata la ricerca di ornamenti ‘permanenti’ al proprio corpo, eseguiti mediante marchi, tatuaggi, cicatrici, anelli ed altro impressi o infilati nella pelle. In alcuni casi si è voluto addirittura trasformare il corpo, ad esempio allungandone il collo attraverso la sovrapposizione di collane, oppure allungare con sistemi simili i lobi delle orecchie, restringere il giro vita, accorciare i piedi, circoncidere gli organi genitali ecc. Culture lontane e differenti, quindi, hanno portato o riportato in tutto il mondo, soprattutto in occidente, anche antiche pratiche quali il bodypiercing. Qui di seguito ne riportiamo un sunto:

AFRICA

Le donne Masai espandevano i lobi delle orecchie mediante giganteschi innesti metallici. Deformavano il labbro inferiore tramite inserzioni di dischi di misure sempre più grandi. Durante la pubertà venivano eliminati i quattro incisivi inferiori. Nei Mursi si mantiene l’uso dei piattini mentre i Kanuri si decorano le guance con scarnificazioni. I guerrieri Potok portano come piercing al setto nasale una foglia d’albero, il disco labiale e cicatrici sulla schiena.

ALASKA

Gli esquimesi utilizzarono ed evolsero, in modo particolare, la tecnica dei "labret"(buchi praticati nel labbro inferiore, con successive espansioni). I labret segnalavano la transizione dalla pubertà al mondo adulto; in particolare per il ragazzo, significava diventare un cacciatore. Gli uomini, in alcune occasioni, adornavano le proprie orecchie e narici, con oggetti in osso, pelle o vetro.

AMERICA CENTRALE

Gli antichi Maya erano assoggettati al culto della bellezza. Mediante maschere di legno deformavano la testa dei loro figli per ottenere forma e profilo, da loro, ritenuto perfetto. I tatuaggi segnalavano il livello sociale e il tipo di occupazione. Praticavano piercing al labbro, narice e orecchie, inserendo gioielli appropriati al loro rango.

SUDAMERICA

Gli indios Cashinawa si perforavano la narice per inserire piume dei colori indicanti il rango sociale. Gli indios Carafa si scarnificavano una guancia e perforavano il labbro con parti di bambù. I Chavantes brasiliani si adornavano con orecchini di legno e corde che partivano dal collo per terminare legate a un cono giallo posto sul pene.

INDIA

Anche a tutt'oggi, è molto comune nelle donne, bucarsi le narici e orecchie collegandole con gioielli e collanine d'oro. Alcuni santoni cercano l'estasi mentale attraverso esperienze estreme di deformazioni permanenti e mortificazione delle proprie carni.

NORDAMERICA

Per gli indiani Tinglits la bocca aveva un significato speciale. L'uso del piercing segnava, nelle donne, la transazione dalla pubertà allo stadio di maturità sessuale. In alcune tribù Sioux, per diventare finalmente guerrieri, i giovani dovevano superare una prova che consisteva nella perforazione del petto con ganci collegati a corde legate a un albero, fino a lacerare la pelle.

OCEANIA

Le giovani donne della Nuova Guinea portano una grossa spina di pesce inserita nel setto nasale e narici. Gli uomini portano, invece di spine, denti di pesce.

CONCLUSIONE

Nel mondo “occidentale moderno”, il piercing (dall’inglese to pierce, forare) ha cominciato ad essere praticato negli anni 70/80 negli ambienti punk-underground, nelle comunità omosessuali, tra i praticanti del sado-maso ed i feticisti, insomma tra tutti coloro fortemente propensi ad una vita ‘fuori dagli schemi’. Nella coppia omosessuale o sado-maso, chi portava il piercing era solitamente lo "schiavo", ed i suoi anelli ai genitali o ai capezzoli erano il simbolo di sottomissione al "padrone". Oggi il piercing ‘leggero’ è semplicemente una moda, un modo per comunicare, che interessa persone di differente età, cultura e ceto sociale, anche se a praticarla sono soprattutto i giovani, che si infilano monili sulle sopracciglia, le labbra, il seno, la lingua, l’ombelico e tante altre parti del corpo, coperte o meno. Piercing molto più ‘pesanti’ e dunque completamente fuori dal discorso della tendenza del momento, sono ad esempio il taglio della lingua, in modo da renderla biforcuta ed il dental piercing, con applicazione di capsule d’oro e brillantini, oppure lo scaring (tagli in profondità per ricavare cicatrici indelebili) ed il branding (marchi a fuoco), o il cutting (il corpo viene tagliuzzato). In questo caso si tratta di scelte ‘estreme’: una sorta di acting out, ovvero compiere un atto che esprima e riesca a sedare i pensieri angosciosi che affollano la mente. Farsi un piercing piace alle persone perché :

• consente di raggiungere gli ideali di bellezza dettati dalla moda del momento; • suscita stupore e curiosità, catalizzando l’attenzione di chi guarda ed in molti casi crea scandalo; • è un modo per essere al centro dell’attenzione, per uscire dall’anonimato, per trasgredire; • è un’espressione di ‘diversità’ dalla massa (anche se poi la moda tende invece ad omologare i comportamenti, rendendo tutti simili nel loro voler essere diversi); • è l’affermazione decisa di un diritto di disporre del proprio corpo come della propria identità e della propria vita; • può rappresentare un forte impegno con sé stessi a ricordare un’esperienza, un amore, una persona per tutta la vita ; • può servire, specie nel piercing ‘pesante’ ad esorcizzare il dolore e la morte e guadagnarsi un pezzo di eternità.

Spesso il fine del piercing nelle parti intime ha uno scopo funzionale più che di seduzione: infatti questo intervento può aumentare la sensibilità delle parti forate e\o stimolare maggiormente il partner. In Italia, la pratica del body piercing interessa almeno un milione di persone ed è più diffusa nel centro-nord del paese.

Biografia: L’arte del tatuaggio di Green\James

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